Carne e tumori? Analizziamo bene

In questi giorni impazzano sul web centinaia di articoli riguardanti la connessione tra carne e tumori,  poichè di recente questo alimento è stato inserito all'interno degli elenchi relative alle sostanze cancerogene dello IARC (International Agency for Research on Cancer), un organismo del WHO (World Health Organization, nota in Italia come Organizzazione Mondiale della Sanità).

Come leggere questa notizia?

Innanzitutto, spieghiamo di che elenco si tratta.
L'IARC ha stilato 5 elenchi di sostanze, ognuno caratterizzato da un livello di probabilità di insorgenza del cancro da utilizzo di quelle stesse sostanze:

GRUPPO 1: Sicuramente cancerogene. Sostanze per le quali esistono sufficienti evidenze scientifiche per poter affermare che siano certamente correlate all'insorgenza di cancro.
GRUPPO 2A: Probabilmente cancerogene. Sostanze per le quali ci sono molti studi a favore della tesi che possano provocare il cancro, ma non ci sono ancora conclusioni ufficiali.
GRUPPO 2B: Potenzialmente cancerogene. Sostanze per le quali ci sono alcuni studi a favore della tesi che possano provocare il cancro, ma si è ancora lontani dal tirare conclusioni ufficiali.
GRUPPO 3: Non classificabili come cancerogene. Sostanze per le quali non ci sono evidenze che le correlino all'incidenza di cancro,
GRUPPO 4: Probabilmente non cancerogene. Sostanze per le quali ci sono molti studi a favore della tesi che NON favoriscano l'insorgenza di cancro.

Studi sulla correlazione tra carne e tumori sono in corso da tantissimi anni, per cui è da tanto ormai che si parla di questo rischio.
Ma allora qual è la novità?
La novità sta nel fatto che la rivista scientifica Lancet ha pubblicato una metanalisi, ovvero uno studio che raccoglie tantissimi altri studi (oltre 800) svolti su questo argomento da differenti gruppi di ricerca, con differenti background (quindi riguardanti anche aree geografiche differenti, popolazioni differenti, ecc) tutti accomunati da una stessa domanda: l'assunzione di carne rossa può provocare il cancro? e, se sì, in che misura e di che tipo?

La conclusione è stato l'inserimento della carne rossa nel gruppo 2A e della carne processata nel gruppo 1.

Ma cos'è che rende la carne rossa e la carne processata pericolose?
Innanzitutto definiamo carne processata: carne che ha subito uno o più processi di lavorazione per prolungarne la conservazione o alterarne il gusto, come affumicatura, salatura, stagionatura o aggiunta di conservanti.
Secondo lo studio pubblicato su Lancet, 50 g di carni processate al giorno aumenterebbero il rischio di sviluppare tumore del colon-retto del 18%. Una percentuale non indifferente, ma da leggere in relazione al rischio legato a questo tipo di alimenti: per citare Kurt Straif del WHO
  "Per un individuo, le probabilità di sviluppare un tumore del colon-retto per il consumo di carne rossa rimangono poche, ma questo rischio aumenta insieme al consumo di carne rossa".
I rischi collegati al consumo di carne rossa, invece, vanno dalla presenza di nitrati, che le conferiscono il tipico colore, la formazione dei gruppi -NO a partire dai pigmenti dell'emoglobina, o anche la presenza stessa (ed in quantità notevole) di ferro (che è sempre stato considerato un aspetto positivo, ma che, in seguito ad un consumo eccessivo può essere dannoso), fino ad arrivare al già noto problema dei grassi animali, presenti in misura maggiore rispetto alla carne bianca.
Inoltre, così come anche per la carne processata, anche la carne rossa può sviluppare sostanze nocive in base al tipo di cottura a cui è sottoposta. In particolare si fa riferimento alla cottura alla griglia, che produce molti fumi e può formare sostanze, come gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), che, se metabolizzati, possono interferire con il normale funzionamento dell'organismo (es. con i sistemi endocrini) e sviluppare, nel tempo, uno stato patologico.

Ma carne e tumori non è un binomio indissolubile, fisso nel tempo né una legge stabilita dalla natura, ma il tutto deve sempre essere calato in un contesto di stile di vita ed è opportuno non farsi prendere dal panico. 

Gli studi descritti hanno preso in considerazione consumi di carne rossa nell'ordine dei 300/400 g ogni giorno e per la carne processata si parla di consumi superiori ai 200 g ogni giorno. E' molto difficile che nella nostra quotidianità arriviamo ad assumere questi quantitativi di carne, per cui, come sempre, è la dose che fa il veleno

Le regole della buona e sana alimentazione, i medici e i nutrizionisti da tanto ormai indicano sempre un consumo di carne pari a circa 3 volte alla settimana, di cui una di carne rossa, per cui, seguendo le regole basilari di una buona, varia ed equilibrata alimentazione, si è ben lontani all'esposizione a fattori di rischio per sviluppo di cancro a causa dell'assunzione di carne.
Questo significa che non bisogna lasciarsi prendere dall'ansia e dalla paura, ma desiderare sempre e comunque, per se stessi, uno stile di vita sano.



Fonte: 
Carcinogenicity of consumption of red and processed meat, Lancet Oncol 2015 Published Online October 26, 2015 

Commenti

  1. Sai, Giovanna, che con buona pace di chiunque io su alcune classificazioni della IARC sono e resto perplessa: non dimentico che hanno dichiarato "cancerogeni" i fumi di motore diesel, che sono notoriamente quelli che producono più particolato e che il particolato è in gran parte di IPA, la cui cancerogenicità è conclamata sperimentalmente da prima delle seconda guerra mondiale e comunque nota da circa 2 secoli (il famoso "cancro dello spazzacamino"...) Diciamo che a volte sono "un po' lenti" di riflessi.

    Detto ciò, a me pare che ci sia una enorme differenza tra "l'aumentare il rischio di insorgenza di un cancro" e "provocare il cancro".
    Che la dieta mediterranea tipica, con maggiore quantità di vegetali e fibre e scarsità di condimenti complessi, sia anch'essa conclamatamente in più studi "protettiva" verso lo sviluppo di tumori è l'altra maniera di esprimere lo stesso concetto, quella meno terrificante ma che si basa sui medesimi principi.
    Mi voglio augurare che questa sia solo una trovata mediatica per far smettere o almeno ridurre alcune pessime abitudini alimentari soprattutto nel mondo sassone ed anglosassone: perchè sulla cancerogenicità delle nitrosammine, come delle ammine aromatiche ma anche di alcune eterocicliche, non si hanno più dubbi da tanto, e quindi è evidente che gli alimenti più ricchi o più sviluppanti questi gruppi di sostanze dovessero essere più "a rischio".
    Ma, appunto, a rischio.

    Sono 40 anni che aspetto dalla ricerca scientifica la definizione delle varie TDI, Total Daily Intake, ma ritengo che occorerebbe soprattutto definire i concetti di "sommatoria", andando a ragionare tra effetti sinergici ed effetti antagonisti, come tra assunzioni di agenti efficaci per via ingestiva con altri efficaci per via respiratoria ed infine dermica.
    Senza farsi prendere da isterie collettive, quindi, considerare sempre il criterio soprattutto della "dose": piccole dosi di tutto non potranno mai essere come grandi dosi di un solo agente.
    Vale per le esposizioni professionali come vale per l'ambiente, non vedo perchè non dovrebbe valere anche per l'uomo "in genere".

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