La pizza ti fa male? Colpa della lievitazione!

Molto spesso mi capitano pazienti che lamentano malesseri vari (gonfiore di stomaco in primis, ma a volte indigestione e dolori) dopo aver consumato una pizza in pizzeria. Per me che vengo da Caserta, capirete bene è INACCETTABILE che la pizza possa essere nociva, per cui ho deciso di "indagare" più a fondo. La maggior parte delle persone sostengono che i malesseri riguardano solo le pizze "di alcune pizzerie", mentre nulla accade con le pizze fatte in casa, quindi non si tratta di un problema di tipologia di ingredienti, ma piuttosto qualcosa che abbia a che fare o con la QUALITA' degli ingredienti o con il PROCESSO di preparazione che, la buona cultura campana insegna, è una specie di RITO SACRO per la buona riuscita dell'impasto. Mi sono, quindi, prima rivolta alla Federazione Italiana Pizzaioli (F.I.P.) e poi ho chiesto un parere all'Executive Chef Mattia Sarnataro, originario della provincia di Napoli e iscritto all'albo d'onore "Chef del Piatto D'Oro".

Per informazione bisogna dire che il lievito ideale è quello naturale (Pasta acida), il lievito naturale è un composto ottenuto dalla fermentazione spontanea di un impasto composto da farina di frumento e acqua, nel quale sono presenti microrganismi di specie diverse: in particolare lieviti del genere Saccaromiceti e batteri lattici; questi ultimi sono, in prevalenza, lactobacilli e streptococchi.

Questi microrganismi si riproducono alimentandosi di zuccheri semplici (il saccarosio) e, in parte, di zuccheri complessi contenuti nell'amido delle farine; zuccheri che vengono trasformati principalmente in gas (l'anidride carbonica) e, in misura minore, in alcool (l'etanolo), in acido acetico, in acido acetico, in acido lattico, in di acetile ed in acetaldeide.

L'insieme di questa attività biologiche viene comunemente definita "fermentazione" e costituisce la parte più importante nel processo di produzione delle paste lievitate. L'anidride carbonica prodotta induce un aumento di volume dell'impasto che viene contrastato dalla struttura glutinica della farina che, essendo elastica, si oppone all'espansione del gas di anidride carbonica, racchiudendolo all'interno degli alveoli.

Con questo processo si ottiene un impasto poroso che, durante la cottura in forno, si trasforma in prodotto morbido e soffice, conservando a lungo queste qualità che sono la caratteristica dei prodotti ottenuti con le paste lievitate. Sicuramente la pizza lievitata con lievito naturale è più digeribile, leggera croccante, aromatica e saporita. L'unico svantaggio è che il pizzaiolo per ottenere la madre o la biga deve usare farine di forza, più costose, adeguandosi a tempi di lievitazione più lunghi, dovendo, peraltro, acquisire una esperienza notevole per tutelare il processo di lievitazione salvaguardandolo da interferenze esterne. Questo tipo di lievito va naturalmente reimpastato con altra farina, acqua, ecc. prima di ottenere il prodotto finito. (Fonte: Federazione Italiana Pizzaioli)
Non sempre, però, il processo di lievitazione viene eseguito così come raccomanda la F.I.P., ma la lievitazione viene indotta artificialmente utilizzando dosi maggiori di lievito oppure velocizzando il processo con la temperatura, ovvero "pre-cuocendo" gli impasti da lievitare. Ho, quindi, chiesto allo Chef Sarnataro cosa può accadere in questi casi. 
In alcuni casi può capitare che, per esigenze  particolari, il processo di lievitazione sia accelerato per risparmiare ore lavorative. Ma la velocità della crescita fa sì che l'impasto risulti "pesante", non sviluppi la necessaria elasticità e risulti, quindi, difficile da digerire.
In conclusione, quindi, sì alla pizza, ma attenzione alla preparazione! 







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